Niente Pacs indietro
Spesso e volentieri la politica e i partiti hanno la tentazione di condizionare la vita dei cittadini prefigurando modelli da seguire o addirittura cercano di impedire comportamenti individuali che in nessun modo ledono i diritti altrui nel nome di astratti principi morali.
Oppure si cade nella “tentazione” di fare finta di non vedere, di non riconoscere che esistono delle situazioni che non seguono i canoni tradizionali e che hanno bisogno di un intervento legislativo necessario ed urgente. Sia l’uno che l’altro atteggiamento trovano riscontro sulla questione dei PACS.
Eppure più di un milione e mezzo di persone hanno scelto in Italia di vivere come coppia al di fuori dei vincoli del matrimonio. E’ una situazione di cui bisogna prendere atto e un luogo dove la politica non può e non deve interferire se non per garantire a queste persone alcuni elementari diritti di buon senso .
In una società multi-etnica dove sempre di più si mescoleranno o saranno fortemente presenti, culture, religioni, modi di vivere diversi ben difficilmente ci potremo affidare a visioni legate alla cultura cristiana, ma istituti come le unioni civili diventeranno sempre di più una necessità piuttosto che un’opportunità.
Constatare, legalizzare e regolamentare è indispensabile anche per evitare come ai tempi delle vedove bianche o dei divorzi all’italiana che prevalga la legge della giungla dove il più forte si approfitta o prevale sul più debole.
Oltre a questo è bene considerare che, rispetto alle reali esigenze di uno stato laico e di una società plurale, le proposte di cui si è discusso recentemente costituiscono comunque un compromesso al ribasso e che, una volta fossero infine acquisite, occorrerebbe mettere in conto una sorta di “effetto boomerang”, in ragione del quale qualunque sia il tipo di riforma introdotta, l’opposizione delle gerarchie vaticane e paventati rischi di rottura di equilibri politici all’interno delle coalizioni non consentirebbero miglioramenti o passi avanti per parecchi anni a venire.
Questa è la ragione per la quale si rende necessario stabilire, soprattutto in questa fase politica, due ordini di priorità: uno a breve termine, per fare in modo che l’eventuale riforma che il Parlamento potrebbe apprestarsi ad approvare sia libera da qualunque forma di arretramento, di ipocrisia e di censura; uno a medio termine, per far sì nel contempo che tale riforma si inserisca in un progetto più ampio i cui principi ispiratori siano già contemplati dal primo momento.
Rispetto ai punti imprescindibili in vista di un prossimo passaggio parlamentare del disegno di legge sulle unioni civili o pacs, il nuovo istituto, indipendentemente dal nomen juris, dovrà presentare le seguenti caratteristiche:
1. registrazione innanzi all’ufficiale di stato civile, possibilmente tramite l’iscrizione in un registro che dovrebbe essere istituito dalla legge;
2. per quanto riguarda i requisiti soggettivi, i contraenti dovranno essere di maggiore età ed essere intenzionati a legarsi in comunione di vita materiale e spirituale, allo scopo di organizzare la vita comune;
3. il nuovo istituto non dovrà prevedere alcun requisito in termini di stabilità;
4. estensione dei diritti patrimoniali ed extra-patrimoniali riconosciuti alla famiglia fondata sul matrimonio (o di gran parte di essi), ed opponibilità a terzi;
5.previsione della cessazione dell’unione civile con: morte di una delle parti, conversione in matrimonio, dichiarazione consensuale di separazione, dichiarazione unilaterale di separazione previa notificazione.
Rispetto alla riforma più ampia nell’ambito della quale il nuovo istituto dovrà porsi, occorrerà tenere conto dei seguenti punti programmatici:
1. estensione del matrimonio per le coppie formate da persone dello stesso sesso (o previsione di istituto equivalente quale, ad esempio, il partenariato registrato scandinavo, la civil partnership inglese);
2. riconoscimento giuridico della convivenza tra due o più persone che vivano insieme da almeno un anno, ed estensione di alcuni diritti extra-patrimoniali, e di diritti patrimoniali previa stipulazione di accordi di convivenza (per la regolamentazione dei rapporti comuni);
3. estensione dell’adozione alle unioni civili ed alle coppie formate da persone dello stesso sesso;
4. norme in materia di uguaglianza giuridica dei coniugi e nuova disciplina in materia di cognomi;
5. nuove norme in materia di addebito della responsabilità della separazione.
L’Italia è uno degli ultimi paesi d’Europa a non aver ancora previsto forme di regolamentazione per le coppie conviventi, eterosessuali ed omosessuali, sul modello della Francia e/o della Spagna e questa odiosa discriminazione vìola i più elementari diritti civili e umani, così come riconosciuto dalle Risoluzioni votate al Parlamento Europeo in questi anni.
E’ quindi urgente che il nuovo Parlamento intervenga al più presto.
Marco Gentili